
Rivista EtnoAntropologia
È online
il nuovo numero della rivista EtnoAntropologia
Vol. 8,
N° 2, 2020
È online
il nuovo numero della rivista EtnoAntropologia
Vol. 8,
N° 2, 2020
E'
online il numero 9 (2) di AnuacJournal, rivista della SIAC - Società Italiana
di Antropologia Culturale.
In
questo numero, Open Access e liberamente scaricabile:
«Un atto
d'amore», traduzione italiana del Manifesto Open Access per la libertà,
l’integrità e la creatività nelle scienze umane e nelle scienze sociali
interpretative «Labour of love»;
Quattro
articoli di ricerca di Michela Fusaschi, Domenico Copertino, Roberta Clara
Zanini e Giorgia Decarli;
Un
saggio di Pier Giorgio Solinas su biometrica e genetica;
Pier
Paolo Viazzo rilegge la nuova edizione de «Il formaggio e i vermi», con una
postilla di Carlo Ginzburg;
Due note
critiche di Dario Basile e Carlo Capello e una ricca sezione di recensioni.
Scaricate e leggete!
Call for papers from “Quaderni di Sociologia”, Torino
Between civilization and
decivilization: the case of Italy
Nasce una nuova rivista
#OpenAccess edita dalle Éditions-EHESS - École des hautes études en sciences
sociales (EHESS)
Condition humaine / Conditions politiques : revue
internationale d’anthropologie du politique
La rivista ospita contributi in 5 lingue: Francese, Inglese, Spagnolo, Portoghese e Italiano.
“Le trasformazioni planetarie (ecologiche, sociali, digitali, economiche,
ecc) riconfigurano l’essere nel mondo dell’umano ma anche l’idea dell’umano
come soggetto politico individuale e collettivo. L’emergenza delle nuove forme
del politico accompagna queste trasformazioni e richiede di ripensare l’oggetto
« politica » al di là delle sue frontiere. Le nuove forme di contestazione, la
riconfigurazione dei modi di governo in un’epoca di globalizzazione di norme e
di flussi, di turbolenze, rotture e nuovi immaginari saranno analizzati
dall’antropologia e dalle discipline affini”.
Concorso per l'ammissione alla Scuola di Specializzazione
in Beni Demoetnoantropologici afferente al Dipartimento di Filosofia, Scienze
Sociali, Umane e della Formazione - A.A. 2020/2021
Scadenza: 15 gennaio 2021
Vincenzo Padiglione
ricorda la figura di George R. Saunders, recentemente scomparso
Quarto appuntamento della serie di
webinar della
SIAC - Società Italiana di
Antropologia Culturale
AMBIENTE
Pandemia e accelerazione digitale
Antropologia tra prossimità e
distanza
Giovedì 10 dicembre 2020
Ore 17:30 – 19:30 (GMT +1)
Francesco Bachis (UniCa - Università
degli Studi di Cagliari): Attrito-Dismissioni
e memorie
Valentina Bonifacio (Università Ca'
Foscari Venezia): Ritmo-Reversibilità del
tempo
Mauro Van Aken (Università degli Studi di Milano-Bicocca) Aria-Disambientati tra dentro e fuori
Andrea Ravenda (Università degli Studi di Torino) Carbone-Causazione, mondi esposti
Introduce e coordina:
Elena Bougleux (SIAC - Università
degli Studi di Bergamo)
Partecipa su Zoom:
https://us02web.zoom.us/j/88599456550
Segui la diretta Youtube sul canale SIAC:
www.youtube.com/channel/UCo7OZ7-IV89hAGQWDsZDJUA
Nato negli Stati Uniti, a Stafford Springs, nel Connecticut, nel 1934, da genitori italiani,
Frank Cancian si è spento a Irvine, in California, il 25 novembre 2020.
Laureatosi presso la Wesleyan University di Middletown
(sempre nel Connecticut), con una tesi di terreno dedicata alla vita dei native
Americans della riserva di Fort Apache, nell'Arizona, e conseguito il dottorato
in Antropologia Sociale a Harvard, nel 1963, la brillante carriera accademica
di Cancian è iniziata con il ruolo di Instructor of Social Anthropology presso
l'Harvard University, nel biennio 1963-'64; è proseguita con quello di
Assistant Professor e di Associate Professor, rispettivamente presso la
Stanford University e la Cornell University, nel periodo 1964-'69; è culminata
con il conseguimento del titolo di Full Professor, ancora presso la Stanford,
nel 1969. L'antropologo ha poi insegnato presso l'University of California
Irvine (UCI) sino alla data del suo ritiro, avvenuto, nel 1999.
Attivo e presente sulla scena nazionale e internazionale
sino a poche settimane prima della sua scomparsa, Cancian si è sempre distinto
per la tensione etica e politico-sociale con cui ha condotto le sue ricerche e
la sua vita di studioso e di accademico.
Il suo percorso d'indagine è iniziato, appena conclusa la
laurea, con un fieldwork nel Mezzogiorno, svolto nel 1957, da gennaio a giugno,
a Lacedonia, in provincia di Avellino, con il sostegno di un Fulbright Grant e
l'indirizzo di Tullio Tentori, all'epoca importante punto di riferimento per
gli studiosi americani in Italia. Il lavoro di Cancian in Irpinia, di cui egli
ha parzialmente reso conto in un impegnativo saggio del 1960 (The Southern Italian
Peasant: Word View and Political Behavior, "Anthropological
Quarterly", 34, 1, 1960: 1-18), incentrato su una rivisitazione critica,
alla luce delle sue esperienze di terreno, del notissimo volume di Edward
Banfield relativo al familismo amorale (The Moral Basis of a Backward Society,
1958), s'inseriva, con prese di posizioni originali e determinate (notevoli per
la giovane età dell'autore, poco più che ventenne), nel vasto e complesso
movimento di esplorazione della parte meridionale e insulare della Penisola,
condotto dall'immediato dopoguerra agli anni Sessanta (e oltre) da
numerosissimi studiosi di scienze sociali, italiani e stranieri; e tra questi
ultimi, particolarmente, americani.
Dopo l'esperienza italiana, giunto a Harvard, Cancian
che, come si è scritto, aveva già avuto un'esperienza di studio relativa ai
nativi americani, approdò presso il Department of Social Relations e presso
Evon Zartman Vogt, Jr. Questi, americanista con vasta esperienza delle
popolazioni indigene del Messico, durante i suoi anni come assistente, assieme
a Clyde e Florence Kluckhohn e a John M. Roberts, aveva co-diretto il
"Ramah Project", la cui denominazione formale era "The
Comparative Study Project of Values in Five Cultures". Un interesse,
quello di Voght, per lo studio dei valori culturali e per l'analisi comparativa
(dedotto dal method of controlled comparison del suo professore, Fred Eggan),
che influenzerà il nostro studioso. Voght, d'altra parte, fu ideatore,
promotore e direttore, tra molteplici suoi incarichi e cariche,
dell'"Harvard Chiapas Project" e massimo esperto riconosciuto
dell'area di Zinancantan, in cui andrà a lavorare, dopo un iniziale periodo di
studio e familiarizzazione con le lingue native (Náhuatl e Tzotzil ) a San Cristobal de las Casas,
accanto ad altri allievi di prestigio di Voght, Cancian. In Chiapas, e in
particolare nella comunità di Zinacantan, l'antropologo opererà per oltre un
trentennio, rendendo conto delle sue ricerche in numerosi saggi apparsi in
volumi collettanei o su accreditate riviste nazionali e internazionali e
in quattro monografie che hanno
stabilito punti fermi rispetto all'economia del cargo cult, alle dinamiche
dello scambio ineguale, ai rapporto intercorrenti tra economia, vita pubblica e
stratificazione sociale nell'area indagata (1) .
Più recentemente gli interessi dello studioso si sono
appuntati su fenomeni interstiziali della società americana contemporanea, come
a esempio quello delle housecleaners della Contea di Orange in California o
delle dinamiche collettive e delle prossemiche spaziali della stessa università
e dei suoi abitanti.
E queste ultime ricerche, condotte con il preponderante
impiego della macchina fotografica, consentono d'introdurre a un'importante
tratto dell'attività di Cancian. A partire dalla prima esperienza con gli
Apache e poi dalla fondamentale, in questa prospettiva, esperienza italiana, lo
studioso si è, infatti, andato qualificando sempre più, nel corso della sua
carriera, oltre che come antropologo, come fotografo e cineasta, realizzando immagini
relative ai suoi terreni di ricerca, soprattutto in America Latina e
particolarmente in Messico, sede elettiva, come si è visto, del suo impegno
scientifico maturo (2). Cancian è stato, dunque, una di quelle (poche) figure
che, offrendo un contributo rilevante alla vicenda della fotografia sociale,
hanno riassunto nella medesima persona i due ruoli di studioso e operatore
visivo, con un apporto critico interessante, che s'inserisce in uno dei nodi
più dibattuti della problematica scientifica dell'etnografia e
dell'antropologia contemporanea.
Per quel che concerne il nostro Paese, giunto a
Lacedonia, Cancian, accanto al suo impegno di studio, e con un' attenzione
critica certamente non minore, iniziò a fotografare sistematicamente la vita
culturale e sociale locale, lasciandocene un ritratto etnografico (1801
negativi, formato Leica, bianco e nero) di grande pregnanza e nitore,
realizzando un'inchiesta di comunità che mostra un piglio critico assai
definito e che appare caratterizzata da una profonda empatia per il luogo e i
suoi abitanti. Del paese l'antropologo traccia un ritratto a tutto tondo, con
attenzione alle dinamiche degli spazi sociali (pubblici e privati), alle
relazioni interpersonali, ai modelli di comportamento, all'ambiente paesano e
al paesaggio agrario, alle abitazioni, alla scuola e al lavoro, alle occasioni
rituali e festive; ai singoli attori sociali infine, descritti con
straordinaria capacità introspettiva (3). E la descrizione fotografica di
Cancian, saldamente ancorata alle ragioni della fotografia sociale americana,
nitida e rigorosa nel suo realismo critico, si apre in direzioni sperimentali
per l'epoca pionieristiche, con un uso frequente della sequenza
spazio-temporale, dei dittici e dei ritratti in più fotogrammi e con una frequente
e consapevole intrusione dell'autore nel campo stesso della rappresentazione.
***
Sin qui quanto attiene al mio dovere di ricordare
brevemente ai colleghi della nostra Società aspetti salienti della figura
scientifica dello studioso scomparso. Permettetemi ora di aggiungere, in
chiusura, una breve nota personale. Con Frank ho lavorato per circa nove mesi,
tra due continenti, tra due proibitivi fusi orari, tra due tastiere e due
schermi, tra decine e decine di email, colme di domande, di schemi, di prospetti,
di notizie di prima mano, con numerosi scambi di fotografie, con la generosa
spedizione, da parte sua, dei suoi principali saggi e volumi e di una notevole
quantità di immagini più recenti, realizzate sui terreni di ricerca o
semplicemente nei suoi più recenti viaggi in Italia, Paese che continuava ad
amare molto. Non ci siamo mai incontrati direttamente. Aveva acquistato i
biglietti per l'Italia, per essere presente, assieme alla moglie Francesca,
all'inaugurazione della mostra, dedicata al suo lavoro a Lacedonia, realizzata
presso il Museo delle Civiltà in Roma, ad aprile, di cui si dà conto nella nota
2. L'inaugurazione fu rimandata a causa delle ben note restrizioni legate alla
pandemia; era molto dispiaciuto di non poter tornare in Italia, ma era
fiducioso che avrebbe potuto farlo più tardi, nel momento in cui, stante la
situazione sanitaria, avessimo deciso di aprire l'esposizione e di presentare
il volume che l'accompagna. Quando questo, per una manciata di giorni prima
delle nuove restrizioni, è sembrato possibile, Frank non stava più bene e un
suo viaggio in Italia non era proponibile. Mi è parso che l'unica cosa da fare
fosse tenerlo aggiornato, giorno dopo giorno, anche tramite Sarah Shiori
Mahoney, sua assidua collaboratrice e assistente, su quanto andavamo facendo,
su quanto accadeva, sulle motivazioni dei nostri ritardi e delle nostre
difficoltà (che lui, del resto, ben comprendeva). Quando ha avuto tra le mani
copia del libro che avevamo realizzato e che l'editore gli aveva inviato in tutta
fretta appena uscito dalla tipografia, quasi presentando che i tempi fossero
assai stretti, mi ha scritto che quello era uno dei giorni più gratificanti e
felici della sua vita professionale (e non solo).
Vorrei
riflettere meglio su questa esperienza di lavoro, dentro una comune koinè che
ci lascia intendere pur senza conoscersi direttamente o a fondo, su questa
possibilità di comunicazione a distanza, su questa umana condivisione dentro un
progetto scientifico; sono io stesso, oggi, incapace di decifrare a pieno il
significato di molte cose che in questi mesi sono accadute. Qualcosa di certo,
però, posso scriverlo, ho conosciuto un amico, generoso, nobile, modesto e
fiero oggi come colui che guardava fisso in macchina i suoi amici italiani dai
suoi vent'anni. E' stato uno straordinario privilegio.
(1)
Cfr. F. Cancian, Economics and Prestige in a Maya Community: The Religious
Cargo System in Zinacantan, Stanford, Stanford University Press, 1965; Id.,
Change and Uncertainty in a Peasant Economy: The Maya Corn Farmers of
Zinacantan, Stanford, Stanford University Press, 1972; Id., The Innovator's
Situation: Upper Middle Class Conservatism in Agricultural Communities,
Stanford, Stanford University Press, 1979; Id., The Decline of Community in
Zinacantan: The Economy, Public Life, and Social Stratification, 1960 to 1987,
Stanford, Stanford University Press, 1992.
(2)
Per un significativo esempio di tale produzione cfr. F. A. Cancian, A
Photo-Ethnography of the White Montains Apache, Wesleyan University, Honors
College, Class of 1956; F. Cancian, Another Place: Photographs of a Maya
Community, San Francisco, The Scrimshaw Press, 1974; Id., Orange County
Housecleaners, Albuquerque, University of New Mexico Press, 2006.
(3) I negativi relativi a questa ricerca, corredati
da provino analogico, unitamente alle riproduzioni digitali, curate dall'autore
stesso e a materiali di contorno, tra i quali i taccuini di terreno, sono stati
donati al Museo Antropologico Visivo Irpino (MAVI) di Lacedonia e, secondo le
volontà dell'autore, sono a disposizione degli studiosi. Per un significativo
riscontro del lavoro dell'antropologo nel paese, si veda la mostra Un paese del
Mezzogiorno italiano. Lacedonia (1957) nelle fotografie di Frank Cancian, in
corso presso il Museo delle Civiltà in Roma e il correlato volume F. Cancian,
Un paese del Mezzogiorno italiano (a cura di F. Faeta), Roma, Postcart, 2020;
del volume è stata pubblicata un'edizione internazionale con testi in
Inglese.
Didascalie alle immagini:
1.
Fotografo anonimo, Frank Cancian a Lacedonia, 1957, Archivio Museo
Antropologico Visivo Irpino (MAVI), Fondo Cancian, Lacedonia (AV)
2. F. Cancian, dalla serie
Another Place: Photographs of a Maya Community, 1974
3.
Fotografo anonimo, Frank Cancian nella
sua abitazione, 2019, Archivio Frank Cancian, Irvine, CA
Dal 23 gennaio 2019 è attiva la Convenzione tra il
laboratorio di Antropologia culturale “Annabella Rossi” del Dipartimento di
Scienze del Patrimonio culturale dell’Università degli Studi di Salerno, Il
Comune di Lacedonia e il MAVI-Museo Antropologico Visivo Irpino fondato e
gestito dalla Pro Loco “Gino Chicone” dello stesso centro appenninico della
provincia di Avellino, relativa allo studio e alla interpretazione dell’opera e
della figura di Frank Cancian. Purtroppo, la dolorosa notizia della sua
scomparsa è stata diffusa il 26 novembre scorso.
Gli antropologi che afferiscono al Laboratorio “Annabella
Rossi” esprimono mestamente il loro cordoglio ricordando i lunghi mesi di
lavoro durante i quali, lo scorso anno, furono ricostruite le vicende storiche
e antropologiche che condussero Frank Cancian in Italia, nel 1957. La ricerca
“salernitana” culminò nella pubblicazione di un saggio apparso sul Vol 8, No 2
(2019) di Visual Ethnography ("Non trovo pace più". Note relative
alla ricerca su/di Frank Cancian, antropologo visivo nell'Italia del Sud | Esposito
| Visual Ethnography (https://l.facebook.com/l.php...).
Per onorare la memoria del Prof. Frank Cancian, secondo
gli accordi presi in questi tristi giorni con le parti convenzionate, l’impegno
di ricerca sarà ulteriormente incrementato. Si approfondirà lo studio della sua
opera con rigore scientifico e, grazie alla metodologia antropologica della
“fotoelicitazione”, saranno interpretate le sue immagini, la cui memoria verrà
restituita, proprio grazie a tale metodologia, alla comunità lacedoniese. Gli avvenimenti
locali che videro Cancian dialogare con il paese furono eccezionali, visto il
periodo particolare, e costituiscono un ricordo culturale, un patrimonio
immateriale, paradigmatico di un'epoca che ha formato la nostra identità di
italiani, meridionali e, tuttavia, cittadini del mondo.
Di tale prosecuzione della ricerca si parla anche nel
volume dedicato a Cancian, pubblicato quest’anno a Roma, in occasione della
mostra curata da Francesco Faeta (“Frank Cancian in prospettiva. Prossime fasi
di una ricerca etnografico-visiva”. In Un paese del mezzogiorno italiano.
Lacedonia (1957) nelle fotografie di Frank Cancian, Roma, Postcart Edizioni).
Ricorderemo così il prof. Cancian, con il rispetto che merita il suo amore per
la disciplina e per quel luogo emblematico del Mezzogiorno che è stato per Lui,
ed è per noi, Lacedonia.
Sessioni del C.U.N. del 15, 16 e 17 Settembre, del 6, 7 e
8 Ottobre, del 27 e 28 Ottobre e del 10, 11 e 12 Novembre 2020
Qui è possibile scaricare la Guida alla Scrittura degli
Ordinamenti Didattici 2021-2022:
Edizione 2021
18 febbraio 2021
E' uscito il numero 2/2019 di Archivio di Etnografia
Rivista del Dipartimento delle Culture Europee e del
Mediterraneo (DiCEM) dell’Università degli Studi della Basilicata.
a cura di Margherita
Marras, Giuliana Pias, Felice Tiragallo
Il Maestrale, 2020
Con contributi di
contributi di:
Francesco Bachis,
Alessandro Benucci, Silvia Contarini, Roberto Lapia, Marinella Lorinczi,
Margherita Marras, Carlo Maxia, Christophe Mileschi, Mauro Pala, Giuliana Pias,
Felice Tiragallo, Maurizio Virdis.
Fabio Dei recensisce su il manifesto la nuova edizione del classico di Carlo Ginzburg
I benandanti Stregoneria e culti agrari fra
‘500 e ‘600, appena riedito da Adelphi Edizioni.
di Tommaso Palmi
di Alexander Koensler,
Amalia Rossi, Stefano Boni
di Pier Giorgio Solinas
Rosenberg & Sellier
E' online il supplemento n° 9 (n° 53, luglio settembre
2020) di Illuminazioni, rivista di lingua, letteratura e comunicazione. Fare etnografia
al tempo del Covid-19.
Il numero, curato da Giuliana Sanò, presenta contributi
di numerose antropologhe italiane,
Stefania Spada, Chiara Quagliariello, Selenia Marabello e Silvia Pitzalis, con
la postfazione di Berardino Palumbo.
di Marco Aime, Adriano Favole, Francesco Remotti
di Di Berardino Palumbo (Università degli Studi di Messina)
E'
uscito il numero 3 - 2019 di Lares, storica rivista dell'Antropologia italiana
fondata nel 1912 e diretta da Fabio Dei.
Il
numero è dedicato alla medicina popolare.
All'interno
della rivista, edita dalla Casa editrice Leo S. Olschki, troverete contributi
di Fabio Dei, Pier L.J. Mannella, Giovanni Pizza, Cristina Pozzi, Isabella
Riccò, Maurizio Bertolotti, Fulvio Cozza e Alessandro Simonicca.
E' online l'ultimo numero di Antropologia Medica (vol. 1,
n° 49 - 2020), rivista della SIAM - Società italiana di antropologia medica,
Fondazione Angelo Celli per una cultura della salute, diretta da Giovanni
Pizza.
In questo numero troverete saggi di Giovanni Pizza,
Margaret Lock, Claudia Mazzeschi, Cristina Papa, Alessandro Lupo, Gilles
Bibeau, Paola Falteri e Paolo Bartoli, Roberto Beneduce, Fabio Dei, Massimiliano
Minelli e Pino Schirripa.
Molto ricca anche la rubrica delle recensioni.
di Fulvia D’Aloisio e Simone Ghezzi
Frank
Cancian
Un paese del Mezzogiorno italiano, Lacedonia – 1957
Museo delle Civiltà, Roma.
Con il patrocinio della SIAC - Società Italiana di
Antropologia Culturale
dal 10 ottobre 2020 al 10 gennaio 2021