Comunicato della SIAC e adesione alla lettera di un gruppo di studiose e studiosi del Medio Oriente.
Il 15 maggio studiose e studiosi esperti di Medio Oriente hanno inviato una lettera alla redazione di Rainews 24 criticando le strategie comunicative adottate per garantire la copertura mediatica sui fatti di Sheikh Jarrah e di Gaza.
La lettera è stata poi condivisa dalla Società per gli studi sul MedioOriente (SeSaMo) che ha sottolineato “la difficoltà di analizzare e raccontare i conflitti in corso, i diversi punti di vista, le aspirazioni e le recriminazioni delle parti coinvolte” e ancora “di analizzare il presente alla luce degli eventi passati, delle dinamiche, complesse e articolate, che danno forma a quanto accade oggi”.
Come Siac (Società Italiana di Antropologia Culturale) aderiamo alla lettera delle colleghe e dei colleghi. Con loro denunciamo l’insufficienza dell’informazione dal punto di vista qualitativo e non solo quantitativo e sottolineiamo la necessità di estendere lo sguardo oltre l’attualità e oltre la striscia di Gaza, problematizzare il contesto sociale e politico attuale, connetterlo a una lettura plurale delle storie del conflitto, riconoscere il diritto di parola e difesa dei soggetti esclusi, ascoltare le voci critiche e consapevoli che si alzano da entrambe le parti.
Inoltre, rivendichiamo il diritto a essere informati e a informare senza essere schiacciati dentro rappresentazioni manichee e chiediamo di superare una informazione presentista che semplifica un conflitto riducendolo a un racconto conformista.
Come antropologi e antropologhe culturali vogliamo proporre chiavi descrittive e interpretative alternative uscendo da quel circolo vizioso per cui criticare lo stato di Israele significa mostrare sentimenti antisemiti.
Siamo convinti che la prospettiva di studiosi e studiose che hanno realizzato le loro ricerche etnografiche nei campi, nei territori, nelle comunità dislocate possa contribuire al dibattito pubblico offrendo una prospettiva integrata, complessa e critica.
Siamo altrettanto convinti che riconoscere la centralità delle esperienze dei soggetti coinvolti sia fondamentale per riflettere sulle eredità e sulle continuità della violenza strutturale normalizzata e per valorizzare le esperienze alternative e creative di dialogo e transizione che da decenni sopravvivono allo stato di incertezza e paura.
Ricordando infine che una tregua non significa l’azzeramento di ogni problema, sottolineiamo l’importanza di continuare a discutere dando voce ai soggetti sociali coinvolti e alle figure esperte che conoscono le realtà quotidiane nel lungo e medio periodo in tutte le loro complessità.