Panel 13

Margini di socialità: patrimoni, comunità, interspecificità

Panel 13 / Quarto Convegno Nazionale SIAC “Il ritorno del sociale”, Sapienza Università di Roma, 21-22-23 settembre 2023

Proponenti: Lia Zola (Università di Torino), Laura Bonato (Università di Torino), Nicola Martellozzo (Università di Torino)

Abstract

Come osservava Bruce Kapferer, il sociale non è mai davvero scomparso, anche quando l’antropologia e le istituzioni parevano essersene dimenticate. Al contrario, si è frammentato e redistribuito in più piccoli worlds of sociality (Kapferer 2009: 20). Terre alte, periferie urbane, aree interne, territori insulari sono solo alcuni dei possibili contesti in cui non solo la socialità ha continuato ad abitare i margini, ma proprio in questi margini essa si è trasformata, articolando nuove forme di comunità. Il panel vuole essere un’occasione per raccogliere esperienze di ricerca che indaghino le modalità specifiche di questi worlds of sociality: in quali modi i non-umani sono coinvolti in questi mondi di socialità, e come possono formare reti di collaborazione e di interdipendenza con gli attori sociali umani (Hodder 2012)? In che misura la dimensione sociale può permettere di “ricucire i vuoti” lasciati dalle transizioni demografiche, specie nelle terre alte (Viazzo e Zanini 2014)? Infine, è giusto chiedersi se in questi contesti la socialità possa finire per essere svuotata da certe pratiche di patrimonializzazione e gentrificazione (Barbera, Cersosimo e De Rossi 2022).

Keywords: relazioni interspecifiche, transizioni demografiche, patrimonializzazione, aree marginali

Lingue accettate: Italiano / English

 

Sessione I: Margini e interspecificità

Venerdì 22/9/2023, ore 14.30-16.15, aula De Martino, Quarto piano

Discussant: Davide Torri (Sapienza Università di Roma)

Chiara Ponzi (chiara96.ponzi@gmail.com) (Università di Torino), Un bosco più che umano. Etnografia multispecifica ai margini dell’Occidente

Oltre l’asfalto, lì dove sembra di allontanarsi dal “nostro” mondo e dove il bosco pare divorare il borgo con la sua vegetazione, ha inizio un sentiero; osservandolo possiamo immaginare impronte umane di vecchi abitanti che, andando via, incrociano quelle di non umani da poco ritornati in un bosco ormai silenzioso. Proprio questo bosco, a me caro e familiare, si rivela, invece, condiviso da soggetti in relazione tra loro, casa di molteplici corpi che inglobano e superano l’umano. Percorrendo tale sentiero, con passi da etnografa, sono entrata in mondi Altri alla ricerca di risposte, non unicamente umane, a domande che lo stesso bosco si è preso la briga di modificare. La presente ricerca etnografica, svoltasi in un piccolo borgo della Valle Po, si rivela multispecifica in quanto interessata a montanari e neomontanari umani, così come ai loro vicini di casa Altro-che-umani. I punti di vista di tutti questi soggetti e le voci non umane che risuonano nel bosco, hanno portato alla costruzione di una sensibilità particolare, consapevole del dialogo che supera l’umano e a cui è ora di prendere parte. Attraverso una metodologia “imposta” dal campo stesso, è stato possibile comprendere l’entità della moltitudine in cui, volenti o nolenti, siamo immersi e cosa significhi vivere con Altri capaci di sentire e rappresentare il mondo (i mondi) in cui vivono. È solo così, tornando terrestri, che possiamo guardare con occhi diversi (non solo più umani) l’Antropocene e il suo caos climatico.

Lara Giordana (lara.giordana@unito.it) (Università di Torino), Le lacrime dell’abete rosso: foreste, coleotteri e antenati in Comelico

Nell’ultimo anno l’infestazione di un piccolo coleottero, il bostrico tipografo, ha investito le foreste di abeti rossi del Comelico. Qui le foreste costituiscono una parte importante del Patrimonio antico delle Regole di comunanza familiare. Da secoli, infatti, le piccole comunità montane compartecipano all’uso e alla cura delle foreste che sono loro proprietà collettive. L’infestazione sta condannando a morte decine di migliaia di abeti rossi, estendendosi con una violenza e una velocità senza precedenti nella memoria dei Regolieri. Le Regole si trovano, oggi, a decidere per il futuro delle proprie foreste, a interrogarsi sugli errori degli antenati e ad assumere la responsabilità che essere antenati impone rispetto alle prossime generazioni. La riflessione sul benessere delle foreste si intreccia, così, a quella sul futuro delle piccole comunità umane che affrontano un calo demografico importante: come creare le condizioni per continuare ad abitare le terre alte?

Cinzia Marchesini (cinzia.marchesini@cultura.gov.it) (Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale – Ministero della Cultura), Ego-ecologia di un paesaggio in movimento per un’etica del patrimonio

Il Lago Trasimeno, territorio sospeso fra terra e acqua, conta 8 municipalità per circa 60.000 abitanti. Processi di patrimonializzazione sono pervasivi e persistenti, spesso complici del frantumarsi delle reti sociali e dei sistemi di sussistenza creativa interspecifici: vessilli locali narrano un territorio sempre bello e costellato di piccoli borghi. I dialoghi raccolti sul Lago mi hanno rivelato cortocircuiti e distopie patrimoniali in cui emergono particolari forme di agentività. Un artigiano del Lago, Orlando, produttore non solo di intrecci di cannuccia, ma di un paesaggio in movimento mi ha concesso di accedere alla sua personale visione del mondo e della natura: una posizione etica, una “ego-ecologia” che costruisce risposte mettendo l’umano fra le varie parti in causa. Oggi Orlando è un “Testimone”, che alla soglia degli ottanta anni, continua a proporre rigeneranti sperimentazioni di saper fare, inserendosi attivamente nella patrimonializzazione e cercando strategie per superare le barriere burocratizzanti delle comunità di vertice. Da questa etnografia sono nati progetti, come esito del mio lavoro di demoetnoantropologa all’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale MIC, cooperando grazie alla creativa collaborazione con un gruppo di colleghә, dell’Istituto, della Scuola di Specializzazione in Beni dea dell’Università di Perugia (convenzionata con Università Basilicata, Firenze, Torino e Siena) e della Direzione Regionale Musei dell’Emilia-Romagna.

Roberta Zanini (robertaclara.zanini@unito.it) (Università di Torino), Coltivare i margini: il presidio del territorio come forma di socialità in una comunità di montagna

Il contributo presenta i primi risultati di una ricerca condotta nell’ambito del progetto PRIN “Abitare i margini, oggi: etnografie di paesi in Italia”. L’unità torinese, in particolare, conduce le proprie indagini con l’obiettivo di comprendere le percezioni e le pratiche dell’abitare in contesti montani di piccole dimensioni, interrogando la nozione di “margine” ed esplorando con specifico interesse i risvolti sociali e culturali di pratiche di recupero di coltivazioni storicamente documentate ma quasi abbandonate. In questa occasione si metteranno in rilievo i primi dati emersi dall’indagine svolta sul campo a Formazza, località walser delle Alpi piemontesi sul confine italo-svizzero, in cui è possibile indagare il tema del margine da molteplici, interrelate prospettive: sul piano demografico, sociale, economico, ma soprattutto sul piano ambientale, territoriale e politico. Applicare alle terre alte il concetto di margine consente di evidenziarne i tratti di complessità, non alludendo solo ai limiti e ai deficit che caratterizzano i territori, ma al contrario mettendo in luce le strategie e le relazioni “di frontiera” che le comunità intessono con l’ambiente che le ospita. I margini sono allora da intendersi come spazi privilegiati nei quali osservare le pratiche di cura ambientale e di presidio del territorio, le relazioni creative, di convivenza e frizione, con gli abitanti non umani, le esperienze di socialità e condivisione legate alle forme di coltivazione attivate.

 

Sessione II: Margini, patrimoni e comunità

Venerdì 22/9/2023, ore 16.45-18.30, aula De Martino, Quarto piano

Discussant: Alessandra Broccolini (Sapienza Università di Roma)

Costanza Lanzara (costanza.lanzara@unifi.it) (Università di Firenze), Occupazione dei margini: beni di comunità

Nel comune di Bagno a Ripoli (Fi) dal 2014 è vivo e attivo il presidio abitativo Mondeggi bene comune. Una comunità eterogenea per provenienza, retroterra culturale e affiliazione al progetto, si è formata e ha vissuto nel segno dell’illegalità, rivendicando uno stile di vita contro la privatizzazione e la speculazione edilizia e come laboratorio di agro-ecologia, fondando il proprio credo su una praticabilità dei “beni comuni”, come forma di democrazia diretta (Wilson, 2013) e di condivisione (Aria- Favole, 2015). L’intervento vuole mettere in luce pratiche e significati di questa forma di attivismo neorurale (Koensler, 2019) di “utopia concreta” (Levitas, 1990), che mostra nel ritorno alla terra un valore ideale (Bonato, 2017). Una forma di mobilitazione comunitaria che dai margini del contesto urbano, metaforica soglia tra l’ambiente rurale e quello cittadino, ha rivelato tattiche di resistenza e capacità di messa in rete nazionale, lottando per l’affermazione di nuove identità e un diverso rapporto uomo-natura (Touraine, 1980), reinvestendo sulla riappropriazione di aree naturali (De Rossi, 2018) in un’ottica di pianificazione informale (Cellamare, 2012). Dal febbraio 2023 la comunità ha deciso di costituirsi in Associazione di Promozione Sociale, per avere voce in capitolo nella progettazione con le istituzioni. È ipotizzabile che si transiti dalla “resistenza” alla “resilienza”, ma la scissione in fazioni opposte, indica che per alcuni possa trattarsi di sconfitta.

Annalisa Di Nuzzo (annalisa.dinuzzo@docenti.unisob.na.it) (Università Suor Orsola Benincasa Napoli), Esperienze di valorizzazione e rivitalizzazione di borghi nell’area cilentana e dell’antica Magna Grecia. Il festival della filosofia in Magna Grecia

Ricostruire e riappropriarsi delle radici dell’identità collettiva in nuove forme di socializzazione, senza perdere di vista la collocazione globale delle culture, costituisce un punto di forza delle dinamiche glocali. Nell’ottica della valorizzazione del territorio, lo spazio deve essere riconosciuto anche come forma culturale e dunque ‘soggetto’ delle forme del paesaggio. Le tracce dell’azione umana rimangono impresse su cose e persone, rendendo unica la costruzione di una comunità. L’intervento intende testimoniare come, in contesti marginali rispetto alle grandi direttrici dell’heritage tourism, in piccoli centri spesso esposti a dinamiche di abbandono/emigrazione in contesti dell’area meridionale, è possibile risocializzare le proprie radici  e le diverse componenti dell‘identità, ricollocandola in forme sostenibili  di valorizzazione e condivisione. Il Festival della filosofia in Magna Grecia è parte di un percorso didattico-esperenziale rivolto a studenti che rende questi ultimi protagonisti di una consapevole etnicizzazione del paesaggio culturale, non più solo natura in quanto formato da tutti gli elementi che costituiscono l’identità di un gruppo umano e contribuiscono a differenziare gli uni dagli altri. Questa etnicizzazione è un insieme di agenti sociali, di beni materiali e immateriali, di saperi organizzati, che sono stati elaborati, trasmessi e trasformati su un territorio ‘concreto’ che l’evento festival rende condividisibili.

Valentina Lusini (valentina.lusini@unistrasi.it) (Università per Stranieri di Siena), Forme della ruralità e della socialità nel territorio senese: esempi a confronto

Mi propongo con questo contributo di presentare i primi risultati di un’indagine etnografica condotta in alcune frazioni del Chianti senese, che in seguito alla deruralizzazione indotta dalla fine della mezzadria e dalla dissoluzione della proprietà contadina sono stati interessati prima dallo spopolamento, poi dall’introduzione dell’imprenditorialità agroalimentare e dalla conversione in residenzialità diffusa del patrimonio agricolo non più produttivo. Discuterò diverse declinazioni del sociale in questi specifici contesti dell’abitare dove confluiscono interessi, necessità e vissuti di soggetti diversi – residenti, turisti, imprenditori, migranti, amministrazioni locali – che interpretano la ruralità come oggetto di tutela, promozione e consumo definendone la natura storica, economica e culturale. Mi soffermerò, in particolare, sulle connessioni tra l’accelerazione dei mutamenti dei territori agricoli, i fenomeni di gentrificazione e le necessità politiche, produttive ed emotive degli abitanti nella configurazione di nuovi modelli per dare senso ai luoghi.

Matteo Volta (matteovolta171@gmail.com) (Università di Torino); Amalia Campagna (amalia.campagna@gmail.com) (Università di Torino), Laboratorio Valchiusella: la comunità come contesto di cura. Sguardi socioantropologici attraverso un’esperienza didattica partecipata

La Valchiusella (TO) è una valle alpina del Canavese, caratterizzata da complesse vicende di scambi e conflitti tra centri e periferie. Pur rientrando nella categoria di area interna, per carenze di servizi pubblici e infrastrutture, essa esprime una forte identità locale tramite un diffuso associazionismo. Nel 2021, oltre 40 associazioni e 8 comuni della valle si sono uniti al Polo formativo Universitario Officina H (UNITO), all’interno di una coprogettazione finalizzata ad avviare un progetto di Welfare in area alpina (Zanini 2021) espressosi in un tirocinio residenziale di Infermieristica di Comunità, in cui studenti di infermieristica vengono accompagnati a risiedere in valle da un’equipe multiprofessionale di scienziati sociali e professionisti sociosanitari. Durante la continuata presenza sul campo, è emerso come il territorio, ponendosi come soggetto corale, sia in grado di farsi guardare e guardarsi, riflettere sulle dinamiche territoriali passate e future, elaborando strategie di adattamento alle tendenze locali e sovralocali di un territorio montano marginale rispetto alla gestione della salute. In questo contesto, tale contributo si propone di riflettere su come le esperienze di solidarietà sociale di cura siano affrontate comunitariamente dai valchiusellesi anche in relazione agli sguardi che l’équipe multidisciplinare e i gruppi di studenti portano sul territorio da oramai 3 anni e sul ruolo di attivazione locale svolto dalla ricerca-azione in atto.

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