
Il mondo che avrete
Virus, Antropocene, Rivoluzione

«Non è solo il coronavirus a prendere d’assedio le
società umane: ci sono anche gli sconvolgimenti ambientali che il nostro
“progresso” ha provocato. Gli antropologi Marco Aime, Adriano Favole e
Francesco Remotti offrono il loro contributo critico per trovare vie d’uscite
alla crisi attuale. Il lockdown è stato una forzata, lunga pausa, in cui per
legge sono state sospese attività produttive, incontri sociali, manifestazioni
culturali. “Sospendere” non è di certo un’idea estranea alle società umane: per
esempio, la vediamo teorizzata dagli scettici del mondo antico in contatto con
l’India, applicata nella cultura ebraica, praticata dai BaNande del Congo. La differenza
è però notevole tra le sospensioni programmate, il cui scopo è di arrestare
periodicamente le più importanti attività economiche, obbligando le società a
ripartire da zero, e il nostro recente lockdown, un’esperienza straniante e
inattesa, del tutto estranea al nostro modo di pensare. Una parentesi che si
vorrebbe chiudere definitivamente per riprendere il cammino interrotto, quel
“progresso infinito” con cui la civiltà occidentale ha voluto segnare la sua
storia e la sua presenza nel mondo. In questa situazione, che cos’ha da offrire
il pensiero antropologico? Deve salire sul carro del progresso o, al contrario,
lavorare “contro” l’accecamento prodotto da questo mito? L’antropologia si fa
portatrice di testimonianze spesso lontane nel tempo e nello spazio, in grado
di mettere in luce le “vie di fuga” tracciate da ogni cultura, le sospensioni,
anche traumatiche, con cui si pongono domande cruciali sul presente e sul
futuro. Non è vero che le società da noi definite “tradizionali” e “premoderne”
abbiano lo sguardo rivolto soltanto al passato: al contrario, non è raro
trovare al loro interno un confronto esplicito tra generazioni allo scopo di
garantire ai giovani un futuro vivibile. Dall’osservazione partecipante del
lockdown e dalle riflessioni sulla “cultura dell’Antropocene” in cui siamo
invischiati, emerge drammaticamente il “furto di futuro”, l’impressionante
debito economico ed ecologico che gettiamo sulle spalle delle nuove
generazioni. Come venirne fuori, se non ideando un altro modo di vivere, una
rivoluzione che abbia come obiettivo quello di rifondare la convivenza tra noi
e gli altri abitanti della Terra, tra noi e la natura?»
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